L'IMPRINTING DELL'INFANZIA
Prima di entrare nel cuore del racconto voglio ringraziare il Prof. Antonino Saggio per aver dato questo esercizio di imprinting e di avermi dato la possibilità di ripescare nella memoria il luogo della mia infanzia fino all’età di 10 anni e che non vedo da più di 15 anni, analizzandolo anche da un punto di vista architettonico.
Sono nato in Romania nella città chiamata Braila. Ho vissuto fin dalla nascita in una palazzina al terzo piano su quattro, costruita tra gli anni 1986-87 totalmente prefabbricata in cemento armato (qui); l’appartamento in cui abitavo era un bilocale.
Il ricordo più nitido è quando, insieme a mia nonna e cugina più piccola, dormivamo d’inverno tutti e tre nella camera da letto per riscaldarci a vicenda. Le finestre erano in legno con vetro singolo, a malapena si chiudevano e nonna metteva delle coperte intorno agli infissi per non far entrare il vento gelido. Adesso scopro che l’esposizione dell’appartamento è a nord e davanti all’edificio ci sono campi, quindi tutto il vento polare artico passava prima nel nostro appartamento e poi investiva la città. Come ben si capisce l’isolamento era pari a zero e se non ricordo male c’erano dei termosifoni però non funzionavano mai, chissà perché….
Un altro episodio divertente era quando giocavo con mia cugina. Ci rincorrevamo come disperati e qualche volta i nostri passi si sentivano fino al piano terra. Se infastidivamo qualche vicino, era usanza colpire i tubi dei termosifoni che passavano lungo gli appartamenti per farci smettere. Dall’intensità del suono nonna capiva da dove proveniva e immediatamente prevedeva se era la vicina di sotto oppure Fanica del piano terra.
All’età di circa 6 anni potevo uscire davanti casa a giocare insieme ai miei amici con il pallone. Il gioco che usavamo fare spesso era disegnare in mezzo alla strada un campo di tennis con il gesso e giocare a calcio tennis. Le macchine sulla strada passavano di rado e quando la palla andava sotto a una di loro ci infilavamo quasi completamente per riprenderla. Mi ricordo che tutto intorno a me era grigio dovuto dal cemento delle facciate e qualche albero qua e là.
Insieme agli amici, quando volevamo fare “i grossi” e andare all’avventura, ci incamminavamo verso “il canale”. Era effettivamente un canale di irrigazione dove mio zio andava spesso a pescare. Da casa mia erano più o meno 500m, ma per noi sembrava qualcosa di molto lontano e pericoloso. Per arrivare a quel punto dovevamo attraversare il quartiere. Mi ricordo che passavamo tra dei palazzi e lungo il marciapiede di cemento, sia a destra che a sinistra, erano dei cespugli alti circa 2m con alberi che facevano ombra e oscuravano questo passaggio. D’estate si stava molto bene, ma d’inverno non si poteva passare perché il vento si incanalava e raggiungeva una velocità mostruosa.
Alla fine di questo vialetto c’erano dei garage per uno o due posti auto, anche loro completamente in cemento armato, compreso la copertura! Tra questi si vedevano i campi e il famoso “canale” d’acqua, ma ancora più in lontananza si intravedevano degli edifici. Ora scopro che è lo skyline della città di Galati che dista in linea d’aria 15 km.
Per arrivare al corso d’acqua dovevamo scendere un bel pendio pieno di vegetazione, sorpassare un tubo gigantesco dell’acqua (penso che aveva circa 3m di circonferenza) e poi attraversare un lembo di terra fangoso. Ci toglievamo le scarpe e faticosamente raggiungevamo un ponticello che attraversava il canale ed era vicino a della pompe d’acqua. Stavamo per un po' a contemplare il paesaggio, vedendo da una parte la città su un’altura e dall’altra l’infinità dei campi agricoli.
Al ritorno, mia nonna mi strillava sempre perché ero tutto sporco di fango, ma soprattutto perché mi ero allontanato da “davanti casa”! 😊
Ciò che mi è rimasto impresso di questo quartiere e di ciò che ho raccontato è il grigio del cemento, strisce di vegetazione lungo le strade, alto dislivello tra l'edificato e il corso d'acqua. Per descriverlo in due parole GRIGIO ASSEMBLAGGIO.
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